
LIVORNO – Ieri sera, 19 marzo, al Teatro Goldoni il bravo Neri Marcorè è tornato da protagonista con un breve ma denso spettacolo, scritto e diretto da Giorgio Gallione. In un teatro pieno in ogni ordine di posto ha fatto rivivere l’ancora più che attuale album “La buona novella” del grande Fabrizio De André.
La buona novella: quasi un’opera da camera
“La buona novella” al Goldoni è stata una sorta di Sacra Rappresentazione contemporanea, quasi un’opera da camera capace di dar voce a personaggi secondo una partitura coerente rispetto al percorso tracciato nel disco. Personaggi a dir poco straordinari quali: Maria, Giuseppe, Tito il ladrone, il coro delle madri, un falegname, il popolo.
Sei le persone sulla scena a fare da supporto all’ottima prestazione di Neri Marcorè che nell’occasione si è dimostrato non solo ottimo attore ma anche dotato di una voce calda e intonatissima. Insomma “La buona novella” al Goldoni ha saputo emozionare il pubblico in sala.
De André e i Vangeli apocrifi
Particolarmente intensi sono stati i brani recitati atti a svelare la fonte mitica e letteraria nonché a sottolineare la forza evocativa e il valore delle canzoni originali alternando e magistralmente intrecciando le canzoni di De André presenti nel disco del 1970 con brani narrativi tratti dai Vangeli apocrifi che lo hanno ispirato: dal protovangelo di Giacomo al Vangelo dell’Infanzia Armeno a frammenti dello Pseudo-Matteo.
Emozionante la parte con Maria
Di grande effetto sia la parte squisitamente recitativa atta a raccontare l’infanzia di Maria svelandone il miracolo della nascita che l’abile sforzo narrativo atto a riempire il non scritto sui Vangeli ufficiali. I 33 anni di vita di Gesù si sono dunque dipanati in un lungo racconto che parte da un Cristo bambino non proprio perfetto, tant’é che, cedendo all’esibizionismo, talvolta arriva a disporre in modo improprio dei “superpoteri” che gli sono stati conferiti.
Da segnalare nell’ottimo insieme dello spettacolo al Goldoni, il drammatico monologo del “Chinati Croce” durante il quale una Maria affranta chiede più volte un ultimo miracolo che rimarrà inesaudito. Chiede, infatti, al legno della Croce di chinarsi fino a lei al fine di permetterle di abbracciare un ultima volta il figlio ancora in vita.
Articolo di Glauco Fallani