
LIVORNO – La storia di tre antifascisti italiani raccontata nel libro “Il partigiano che divenne imperatore” edito da Laterza, sarà al centro della presentazione presso la Biblioteca dei Bottini dell’Olio. L’appuntamento è fissato per questo pomeriggio, martedì 8 aprile alle ore 17.30 nella sala conferenze. Ingresso libero.
In anteprima nazionale
La presentazione del libro “Il partigiano che divenne imperatore ” è l’anteprima nazionale del volume scritto da Marco Ferrari.
Interverranno l’assessore alla Cultura del Comune di Livorno Angela Rafanelli, la direttrice di ISTORECO Livorno Catia Sonetti e Italo Poma, presidente dell’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna. L’iniziava è promossa dal Comune di Livorno, dalla casa editrice Laterza, da ISTORECO e AICVAS in occasione dell’ottantesimo Anniversario della Liberazione.
Marco Ferri
Marco Ferrari, giornalista e scrittore spezzino, a lungo giornalista dell’Unità in Toscana, per Laterza è autore di “Mare verticale. Dalle Cinque Terre a Bocca di Magra”; “L’incredibile storia di António Salazar, il dittatore che morì due volte”, tradotto in tutto il mondo; “Ahi, Sudamerica! Oriundi, tango e fútbol” e “Alla rivoluzione sulla Due Cavalli con Ritorno a Lisbona 50 anni dopo”.
I tre antifascisti italiani
Scrive lo stesso autore in merito al suo ultimo lavoro: “Il volume Il partigiano che divenne imperatore, tra saggistica e romanzo, narra le avventure di tre antifascisti italiani, reduci dalla guerra di Spagna, scelti dai servizi segreti francesi e britannici per organizzare la resistenza in Etiopia agli occupanti fascisti. Si trattava di Ilio Barontini, Anton Ukmar e Domenico Bruno Rolla. Una storia in cui si respira l’odore acre del Novecento ma che potrebbe uscire dalle pagine di Graham Greene”.
Ilio Barontini
Il partigiano che venne nominato vice imperatore d’Abissinia è appunto Ilio Barontini (Cecina, 28 settembre 1890 – Scandicci, 22 gennaio 1951). Barontini perseguitato dal fascismo, fuggì da Livorno nel 1931, raggiunse l’apparato clandestino del PCd’I a Parigi. Poi si trasferì in Unione Sovietica e nel 1936 fu inviato nella guerra di Spagna diventando l’eroe della battaglia di Guadalajara, dove le brigate internazionali sconfissero i fascisti.
A Parigi venne scelto da etiopi, francesi e britannici per una missione rischiosissima: organizzare le forze partigiane abissine che dovevano resistere alla conquista fascista. Raggiunse le zone sotto il controllo della resistenza attraversando Egitto e Sudan con le credenziali di Hailé Selassié trascritte su fazzoletti di seta per sfuggire al controllo nemico.
Anton Ukmar e Domenico Bruno Rolla
Nell’estate del ’39, Barontini venne raggiunto da Anton Ukmar, ex ferroviere sloveno di Gorizia conosciuto in Spagna. Con Ukmar c’erano anche Domenico Bruno Rolla, antifascista spezzino, il colonnello Paul Robert Monnier del Deuxième Bureau, il servizio di informazioni militari. Monnier morirà poco dopo. C’era anche il segretario del Negus Lorenzo Taezaz.
Mussolini aveva conquistato con l’uso dell’iprite i villaggi e le città più importanti, la ferrovia Addis Abeba-Gibuti e le principali vie di comunicazione, ma una parte considerevole del territorio era ancora in mano agli Arbegnuoc, i patrioti etiopi.
Barontini formò un esercito di oltre 250 mila uomini composto da piccole formazioni mobili e venne nominato dal Negus, in esilio in Gran Bretagna, vice-imperatore di Abissinia.
Dotato dello scettro imperiale, il comunista di Livorno tenne a bada i vari ras, portò a termine missioni importanti e pubblicò un giornale bilingue, “La voce degli Abissini”, tanto da diventare una leggenda. La missione terminò nel giugno 1940, quando i tre italiani intrapresero la via del ritorno tra malattie e assalti di predoni. Si ritrovarono miracolosamente vivi a Khartum dove scattarono l’unica fotografia che li ritrae tutti e tre insieme.
Il ritorno in Europa
Barontini
Rientrato in Europa, Barontini organizzò la resistenza prima in Francia e quindi in Emilia-Romagna e partecipò alla liberazione di Bologna.
Nel 1946 per il PCI divenne deputato all’Assemblea Costituente nella circoscrizione di Pisa e Livorno. Nel 1948, venne eletto al Senato della Repubblica, dove fu segretario della commissione Difesa.
Venne altresì nominato cittadino onorario della città di Bologna, decorato dalle forze alleate con la Bronze Star Medal e dall’Unione Sovietica con l’Ordine della Stella Rossa.
Morì in un incidente automobilistico a Scandicci nel 1951 all’età di 60 anni, sulla strada per Firenze. Barontini si stava recando a portare il saluto dei comunisti livornesi alla federazione fiorentina del partito, assieme ad altri due dirigenti di valore come Otello Frangioni e Leonardo Leonardi.
Domenico Bruno Rolla e Anton Ukmar
Al suo rientro in Francia Anton Ukmar venne internato a Vernet d’Ariège e poi a Castres, da cui evase l’8 settembre 1943. Raggiunse la resistenza in Venezia Giulia, nel 1944 fu inviato dalla dirigenza del partito comunista a Genova e divenne comandante della VI Zona Operativa Ligure dei partigiani Garibaldini con sede a Carrega Ligure, in provincia di Alessandria.
Partecipò alla liberazione di Genova, tanto che gli venne conferita la cittadinanza onoraria della città della Lanterna. Ricevette anche la Bronze star statunitense, la Medaglia d’oro alla Resistenza del governo italiano e altri riconoscimenti da parte del governo jugoslavo.
Al rientro dall’Africa, nel marzo 1940, Domenico Rolla fu internato nel campo francese di Vernet d’Ariege. Rolla tentò il rientro in Italia ma venne arrestato al Ponte Unione, a Mentone il 5 aprile del 1944 e tradotto nelle carceri giudiziarie della Spezia a disposizione del Tribunale Speciale.
Il 24 luglio fu condotto a Regina Coeli ma, ai primi del 1944, con uno stratagemma riuscì a evadere e a raggiungere Avezzano in Abruzzo. Qui partecipò alla Resistenza come commissario politico, con il nome di “Carlo”. Nel dopoguerra tornò alla Spezia entrando a far parte della segreteria provinciale del Pci quale responsabile dell’organizzazione e poi alla direzione nazionale del partito. Morì il 9 giugno 1954 a soli 46 anni. È sepolto nel cimitero di Baccano, in provincia della Spezia.