
LIVORNO – Il Purgatorio, si sa, è la cantica meno amata della Divina Commedia. Dopo le atmosfere cupe, violente dell’Inferno che non lasciano possibilità di redenzione e prima della luce dorata del Paradiso, il Purgatorio, sancito ufficialmente dalla Chiesa solo nel 1275, coevo quindi di Dante, è il luogo di redenzione, della speranza di salire poi alla gloria eterna, alla visione di Dio, un compromesso per arrivare alla grazia divina, previo accordo di pentimento, preghiere e denaro che aumenteranno il potere della Chiesa.
“E quindi usimmo a riveder le stelle…” è il titolo dello spettacolo ed è anche l’ultimo verso dell’Inferno che chiude gli orrori e imbocca la strada del luogo della speranza, il Purgatorio appunto, del quale l’attore Giorgio Colangeli ha portato sulla scena i primi sei canti in occasione dell’inaugurazione della Stagione Teatri d’autunno al Centro Artistico Il Grattacielo.

Colangeli attore
Colangeli, che ha lavorato con i più grandi registi, da Sorrentino a Lucchetti, pluripremiato per il cinema e per le fiction, si ricorda per esempio la sua presenza nel film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani“, ha dato una grande prova di attore, dimostrando che il Divino Poeta non è poi così astruso come appare: come dimenticare “la parafrasi” della Commedia, croce degli alunni e delizia dei docenti, anzi il Dante di Colangeli è un Dante più vicino a noi, un Dante popolare che denuncia il malcostume e la corruzione dei suoi tempi, i cui protagonisti somigliano tanto ai personaggi del mondo moderno.
Grande capacità attoriale
La famosa invettiva di Sordello da Goito nel sesto canto del Purgatorio, è di un’attualità che sorprende ancora! “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”. Ma c’è anche la speranza del perdono perché le anime che si sono pentite in punto di morte sanno che saranno redente: anche Dante con la sua guida farà lo stesso percorso, lui l’uomo comune che ci rappresenta tutti.
Colangeli ha presentato i primi sei canti del Purgatorio: non li ha letti, non li ha declamati né recitati, li ha “detti” e commentati dimostrando una grandissima capacità attoriale, oltre ad una profonda cultura sull’argomento.
Il pubblico numeroso e attento, ha certo riavvolto il nastro della memoria: le ore di spiegazione della Divina Commedia erano difficili e poco amate per un linguaggio spesso astruso! Eppure mai come ieri sera ci è parso che Dante fosse in mezzo a noi a fare la cronaca del suo viaggio. Divino sì, ma soprattutto umano!
articolo di Simonetta Del Cittadino